ANTONELLO PALLA, ITALY COMMUNICATIONS MANAGER DI DI ANIMALS ASIA FOUNDATION CI SEGNALA UNA SIGNIFICATIVA LETTERA DI PROTESTA AL COMUNE DI SIENA.
Egregio Signor Sindaco,
la scossa questa volta dovrebbe giungerLe non proprio attesa, all’ombra di una fortuna per la quale la Sua città vorrebbe cingersi d’alloro. Balzana davvero questa pretesa, come il bianco e il nero di una bandiera che in queste circostanze sarebbe opportuno abbrunare.
In quale modo, ci chiediamo, è dato celebrare l’ostensione di una cultura che espone al pubblico ludibrio la sofferenza e la morte, ancorché picarescamente rappresentate? E’ forse questa l’idea di humanitas che il privilegio della tradizione con albagia concede a chi di essa conserva memoria? Non di genti, di pietà e progressive sorti si dovrebbe allora parlare, perché la ritualità qui espressa, perso l’antico valore col mutare delle emozioni, è ora soltanto elemento di ripugnanza e mezzo di offesa: obliata la sua forza vitale si fa piuttosto strumento di accusa nei confronti dell’uomo stesso e della sua dignità.
Non è forse la tradizione che gelosamente conserviamo, nient’altro che una storia dei tradimenti passati, l’autentica espressione della nostra libertà di fronte al mondo che si presenta come finito, completo, dato e pronto?
Ogni concezione umana si muove nel solco di una polarità dialettica con i segni, i simboli e la cultura in precedenza elaborata, che diventano il punto di partenza per il raggiungimento di ambiziosi traguardi e nuove concezioni dell’etica e della giustizia. In questo affascinante percorso, la tradizione come consuetudine e ordine che si ripete immutato, imponendosi per il suo carattere metastorico, non ha in vero alcun riferimento con la realtà; si tratta semmai di una rinuncia alle possibilità della ragione, alla propria capacità di autodeterminarsi.
La tradizione non denota uno stato ma piuttosto un’attività. E’ principalmente tràdere, ossia consegnare, affidare, e suggerisce un passaggio nel tempo; essa implica inoltre la traduzione, ovvero la capacità di traducere, condurre aldilà e oltre il messaggio ricevuto.
Una macabra estetica della fruizione governa invece il palio e le sue mosse, mostrando con vile spregio il suo legame con le atrocità passate. Come se il sacrificio che tanto piace a questa bizzarra fede, da solo bastasse a cancellare anche ogni umano sentire, e quell’ideale di eudemonia che il nostro secolo a ogni latitudine con affanno cerca di affermare; né la questione potrebbe essere equidistante, dall’identità di un popolo nella comune e ormai mutata coscienza collettiva, che unanimemente ripudia l’esercizio barbaro della forza per il triste deliquio della folla, e dalla sorte di queste martoriate bestie, prima esibite e poi neglette.
La ritualità che si esprime in tali gesti, diventando dottrina, credenza e legge, è purtroppo un segno di dieresi posto sopra un’intera cultura, in un terreno dove il bene e il male, la libertà e i valori, non hanno importanza né interesse.
Verrà un giorno, ne siamo convinti, in cui questo Vostro sentire, che nella sopraffazione celebra l’unione, nella diversità il disprezzo, nel gioco della tirannia la propria catarsi, all’improvviso suonerà ripugnante e degno di biasimo. Verrà un giorno in cui gli animali ancora visti come oggetti saranno percepiti come creature viventi dotate di capacità di amare e di soffrire, di una propria dignità e del diritto di avere un loro posto nel mondo, lontano da ogni divertita crudeltà umana.
Distanti Saluti,
Antonello Palla
Antonello Palla
Italy Communications Manager
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