SCUSATE SE SIAMO NATI A ROMA… MA NE SIAMO FIERI

Arriva un punto della nostra vita in cui abbiamo sentito troppe volte discorsi ripetitivi e insulsi.

Come dire, siamo consci che si è generata una insana mentalità su certe tematiche certi luoghi comuni che si fa prima a declamare che a modificare. Cambiar rotta non è sempre facile significa riflettere riprendere in mano il bandolo della matassa, ma costa troppo dispendio di energie e allora? Meglio ripetere ciò di cui spesso ci si convince solo per pigrizia. E poi ….meglio denigrare l’altro …

Eccoci allora al nocciolo del problema. Roma e la sua romanità.

Quante volte sentiamo denigrare la città eterna e i suoi immeritevoli concittadini.

Dalle accuse di sporcizia a quelle di città cialtrona, ma soprattutto dal soprannome di città ladrona (vedi gli appellativi di un  nostro partito politico che incendia con i suoi proclami di pulizia parte degli animi degli italiani) a quelli di città degradata in senso lato.

Roma ladrona si, ove il potere si annida, ove la corruzione gli intrighi le bassezze più bieche hanno dimora. Una città espressione di un coacervo di gente corrotta, ove la testa della politica applica le sue nefandezze. E ancora una volta i romani cittadini in questo caso consapevoli rappresenterebbero l’esatta espressione dei loro governanti.

Ma ci si vien subito da chiedere.

Ma chi ci governa ovvero il nostro parlamento definito e istituzionalizzato dalla nostra costituzione non è forse espressione del nostro paese in toto? Espressione di un’Italia? E allora, se la testa risiede nella capitale non è forse vero che il luogo non è artefice di tali crimini ma semmai proprio all’interno del potere si annidano i mali che ci affliggono ?

Eppure Roma e i suoi cittadini  non si offendono  anzi è sempre la stessa capitale che da decenni  accoglie indistintamente tutti, tanto che i romani quelli veri, autentici, si contano ormai sulle punta delle dita.

E poi avete mai pensato che qui nella capitale d’Italia quasi giornalmente assistiamo attoniti e rassegnati all’ennesimo sciopero?

Si perché in una democrazia in cui vige il diritto sacrosanto di manifestare credo dovrebbe coesistere l’altrettanto sacro diritto  di poter pacificamente  svolgere le proprie attività nel rispetto degli altri.

Avete per una volta considerato così significhi vivere in una città come Roma punto nevralgico di qualunque protesta? Traffico bloccato, deviazioni, impossibilità a raggiungere i posti di lavoro per non parlare poi delle ore perse nel traffico,  danni economici per i negozianti di zona che spesso si ritrovano costretti a saracinesche abbassate nonché disagi di ogni tipo compreso il pericolo per la propria incolumità.

E da ultimo lasciatemelo dire, un elemento su cui riflettere davvero.

Fate del vostro meglio perché non vi accada nulla in quelle ore maledette, in un paese aggiungo in cui per il soccorso sanitario il mezzo utilizzato è generalmente l’ ambulanza e non l’elicottero (sfortunatamente), pensate che nel caos impazzito di una città intera, ditemi,  la vostra vita  forse non sarà ancor di più messa a repentaglio?

Penso sempre con tristezza e trepidazione a quelle ambulanze che urlano nel traffico bloccato e una pietosa preghiera mi risuona nella mente dedicata a chi malcapitato vi ci trova sopra.

Forse, e sarebbe bene studiarlo con dati alla mano, forse la vita delle persone è appesa ancor più a un filo e sono sicura che molte vite potrebbero essere salvate  in mancanza di congestioni di tal tipo.

Questo certo non  è dato da poco. Tutt’altro.

Chissà perchè poi chi sciopera si sente libero di sporcare la città lasciandola coperta da rimasugli di ogni genere.

La tolleranza dei romani anche qui è incredibile così come la tracotanza e l’arroganza di chi giudica senza sapere.

Da ultimo i romani   quelli proprio “a cui non va di  lavorare”… ma sarà vero? O anche questo è un luogo comune?  Si perché la città checchè se ne dica funziona e come del resto dovunque c’è di tutto di più, basta solo vedere che i mali della società del ventunesimo secolo perversano il mondo e travalicano le frontiere. Figuriamoci!

I romani e la loro romanità è un loro codice di comportamento, provate solo a viverlo, lo comprenderete meglio prima di giudicare.

I romani dal  modo di essere, un pò bruschi, talvolta un pò cafoni (ma chi non lo è), tanto chiassosi ma schietti, sinceri e veri, quell’irruenza, quell’impulsività, quella passione, quella foga e fierezza di essere romani, di vivere nella città forse la  più bella del mondo ove hanno scelto di vivere trasognati dalla magica atmosfera  persone dai quattro continenti.

Quì dove spende sempre il sole  meteorogicamente parlando,  e nei sorrisi delle persone. Fieri di uno spettacolo senza uguali, le nostre più di 800 chiese e i ruderi antichi di 2000 anni ancor oggi a riecheggiare la gloria di un popolo unico.

Nonostante tutto i romani sono ancora pronti ad accogliervi di nuovo, senza preclusioni e con fierezza  quella stessa che trapela in uno dei più bei sonetti di Trilussa che racchiude il senso di appartenenza alla città da parte dei suoi cittadini.

(dalla raccolta “Ommini e bestie“, scritta nel 1913)

Romanità

            Un giorno una signora forastiera,
            passanno còr marito
            sotto l'arco de Tito,
            vide una Gatta nera 
            sparapacchiata fra le antichità.
            - Micio che fai? - Je chiese: e je buttò
            un pezzettino de biscotto inglese:
            ma la Gatta scocciata, nu' lo prese:
            e mamco l'odorò.
            Anzi la guardò male
            e disse con aria strafottente:
            - Grazie, madama, nun me serve gnente:
               io nun magno che trippa nazionale!
 
 

Simonetta Alfaro

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