PARADOSSO, FINZIONE E LA DESTRA FANATICA: UNA SOLUZIONE.

Come sempre noi, i miseri incensurati cittadini di questa martoriata penisola italica siamo sempre gli ultimi a capire veramente cosa succede, se non avvalendoci delle notizie dei media che sono in gran parte manipolate – salvo poche eccezioni – per farci pensare e ragionare in modo quasi univoco, specie dopo che il Gelliano “Piano dirinascita democratica“ della P2 viene punto per punto messo in pratica dalla cricca di governo nella sua versione aggiornata P3 (o nuova P2 che dir si voglia).

Si guardi la nascita di API (Alleanza per l’Italia) del transfuga Francesco Rutelli, formazione politica nata nel Novembre del 2009: ci si chiede quanto peso abbia avuto la sua nascita così lontana dall’attuale ormai evidente crisi di governo agostana (anche se c’è sempre chi nega e sempre negherà la più lapalissiana evidenza: “crisi, quale crisi?“); o quanto profondamente l’operazione fu capita da chi doveva e voleva capire e regolarsi di conseguenza in virtù dello smembramento della maggioranza visto con così largo anticipo; e quanto i messaggi subdoli e sibillini vengono compresi dai cittadini che diligentemente si informano, leggono i giornali, guardano i tg, e navigano in Internet. Solo gli “addetti ai lavori“ sono in grado di capire (e far capire) attraverso mille e mille modi diversi le più contorte azioni ed elucubrazioni linguistiche del cosiddetto “politichese“, gergo pregno di nascosti messaggi ora accondiscendenti, ora benevoli, ora lusinghieri ma spesso minacciosi, violenti nella loro incomprensibile doppiezza, equivocità, finzione e slealtà: è nelle parole che si nasconde il doppio significato di comprensione e mistero, quando l’anima feroce e violenta del tentativo di scatenare la rissa verbale se non quella fisica, non prende il sopravvento.

E’ singolare quindi, come ultimamente la tattica della rissa verbale della destra nei dibattiti televisivi abbia subìto un netto calo: il parlare urlando; interrompere continuamente chi parla facendo inevitabilmente alzare i decibel del discorso in generale non facendo capire nulla; poi altri trucchetti televisivi come il cenno di diniego con la testa quando inquadrati dalla telecamera mentre l’antagonista verbale sta parlando, e molti altri messaggi del linguaggio corporeo atti ad alzare nello spettatore la temperatura emotiva. Tutto ciò, dopo decenni di logoramento delle coscienze italiche, ha alla fine creato un tale senso di profondo disgusto che anche coloro con uno spessissimo strato di pelo ventrale si sono accorti che ormai il gioco non vale più la candela: l’aggressività ad oltranza e l’arroganza in dosi così massicce alla fine si sono ritorti contro coloro che hanno fatto di ciò il loro principale programma politico, il loro sistema di pensiero basato sulla violenza allo stato puro, sul sorprendere l’avversario politico con la superficialità dei modi spicci, sulla velocità decisionista, spesso senza valutarne profondamente le conseguenze future anche verso i loro elettori che hanno sottoscritto un tale programma politico delirante e negativo.

In un’intervista sul trimestrale “Paradoxa” dal titolo “Chi manipola la tua mente? Vecchi e nuovi persuasori“, Anna Oliviero Ferraris, ordinario di Psicologia dello sviluppo presso la “Sapienza” Università di Roma, sostiene come la scelta di tenersi informati principalmente dalla televisione - un esercizio implicito sulla “comunicazione autentica e non autentica“, cioè “come la prima ha l’obbiettivo di trasmettere la conoscenza, mentre la seconda di orientare il modo di pensare della gente nella direzione voluta dal comunicatore” – sia non necessariamente la prerogativa di coloro che non desiderano o non hanno il tempo di approfondire gli argomenti trattati, ma una scelta appunto di molti.
Alla domanda posta: “Come si può spiegare il fatto che, nonostante sia a tutti noto che l’informazione televisiva è manipolata, si continui a ritenere la tv una fonte attendibile di informazione? Lei sostiene, tra l’altro, che la vittima della manipolazione non è sempre una figura inerme e innocente, ma che spesso può avere delle buone ragioni per lasciarsi influenzare. Cosa intende?” Anna Oliviero Ferraris risponde: “Non credo che sia noto a tutti: ci sono persone che prendono per buono tutto ciò che proviene dalla tv. ’L'ha detto la tv’ è una frase che sentiamo ripetere spesso. La televisione, collocata in diverse stanze della casa, guardata durante i pasti, appena alzati e a letto prima di addormentarsi, rappresenta una compagnia, un oggetto di attaccamento, un’abitudine, una presenza di cui, anno dopo anno, non si riesce più a fare a meno, qualunque cosa essa trasmetta o proponga. Quando la tv assume un ruolo così centrale dentro casa o nella propria vita è difficile poi ammettere a sé stessi di esserne diventati succubi: è più facile convincersi che tutte quelle ore passate davanti allo schermo sono fruttuose, che i programmi sono buoni, che le informazioni sono attendibili. La considerazione implicita del teledipendente è: ‘se no perché mai passo tanto tempo davanti allo schermo!’. Gli psicologi attribuiscono questo tipo di auto-assoluzione alla ‘dissonanza cognitiva’: invece di cogliere l’incongruenza di una situazione, di una scelta o di un comportamento si preferisce trovare un qualche tipo di giustificazione“.
Questo è illuminante: per poter rendere la narrativa televisiva centrale nella vita dei cittadini, da una parte sono necessari comportamenti “clowneschi” – lo spettatore deve essere sempre intrattenuto con continue bizzarrie e funambolismi - proprio come il berlusconismo, che propone costanti “rotture protocollari“ specie in situazioni formali (per esempio quando Berlusconi fa cù-cù alla Merkel,
o la lascia aspettare non proprio elegantemente e con grande finezza e sensibilità istituzionale parlando al cellulare, per elencare una delle sue numerosissime gaffe), dall’altra il comportamento difficilmente categorizzabile come meramente istituzionale, non consono al ruolo assegnatogli viene (veniva ora non più) giustificato con un lapidario: “lui è fatto così”.

Il disfacimento del suo governo è proprio il frutto di tali azioni, messe in pratica una dopo l’altra da uno “che non sta bene” per usare le parole della sua ex-moglie; il suo delirio di onnipotenza lo sta travolgendo inesorabilmente.

Esaltazione, fanatismo, invasamento, demonizzazione. E’ negli occhi da posseduti dei parlamentari di questo governo di destra che si leggono obliquamente queste parole, nonostante gli sforzi di mettere tutto a tacere con ripetuti tentativi di creare una narrazione dell’esatto contrario attraverso la manipolazione dei cervelli delle masse ovvero gli utenti dei media, televisione, quotidiani, radio, Internet.
Ed è proprio dove non te lo aspetteresti che paradossalmente una soluzione a questa narrazione imposta viene fornita per porre fine a questo inutile e costante ricorso alla violenza, alla follia, all’irrazionalità: nella sezione delle recensioni sui libri consigliati dal Financial Times Weekend, il 31 Luglio viene pubblicato un articolo firmato da Karen Armstrong, controversa saggista britannica, profonda conoscitrice di materie religiose, ex-suora cattolica di origine irlandese, che si autodefinisce una “monoteista indipendente“. Nel recensire il libro di un altrettanto controverso saggista religioso dall’eloquente titolo “Alla ricerca del significato: Sviluppo per una filosofia del pluralismo“, cioè Tariq Ramadan professore di Studi Islamici Contemporanei presso la facoltà di Studi Orientali all’università di Oxford, la Armstrong mette in risalto come Ramadan sia convinto che ”stiamo tutti attraversando un periodo difficile, con una profonda perdita di fiducia“. Di più: “ paura, dubbio, diffidenza stanno impercettibilmente colonizzando i nostri cuori e le nostre menti: così l’altro diventa il nostro specchio negativo, e le differenze degli altri ci permettono di definirci, di ‘identificarci’”…”Il sospetto e l’insicurezza che hanno finito per dominare la politica, spesso ci impediscono di vedere gli altri chiaramente; ‘l’altro’ diventa la nostra ombra-del-sé: una proiezione di tutto ciò che crediamo di non essere – o temiamo di esserlo in maniera subliminale.

Secondo Ramadan la ‘tolleranza’, parola d’ordine dei filosofi dell’Illuminismo, non basta più. ‘Tolleranza’ letteralmente significa ‘patire’ o ‘sopportare’ la presenza degli altri ed implica una relazione di dominio; i potenti sono pregati di ‘moderare la loro forza e di limitare la loro capacità di fare del male’; ma la riluttante accettazione di ciò è dannoso sia alla persona che tollera, sia a colui o colei la cui presenza è appena sopportata. Il rispetto, basato su una relazione di uguaglianza è d’obbligo: la tolleranza ‘riduce l’altro a una mera presenza’, ma ‘il rispetto ci apre alla complessità del suo essere’ “…”E’ sempre una tentazione immaginare che la mia verità sia l’unica verità; e Ramadan insiste che esistono verità condivise universalmente, raggiunte in vario modo in molti sistemi di pensiero, sia esso secolare o religioso. Perché la nostra scelta di verità personale sia eloquente, noi dobbiamo esperire altre verità come veritiere; se la nostra verità ci viene imposta come l’unica possibile, perderebbe il suo significato: questa percezione di diversità è cruciale nell’Induismo, nel Buddismo, e nelle più profonde forme di monoteismo. Il Corano, per esempio, approva il pluralismo. (Sura 5.48)
“…” Il libro è profetico, appassionato, penetrante. Il messaggio di Ramadan è impellente: la nostra immediata sopravvivenza dipende dalla nostra capacità di costruire una comunità globale armoniosa e rispettosa. Ormai siamo entrati nel regno della politica emotiva, dominata dalla reazione pubblica istantanea. In questa era delle comunicazioni globali, siamo presi da impulsi travolgenti. (…) Gli elettori sono adesso meno interessati a idee e convinzioni, e mobilitati invece da ‘le loro paure, i loro bisogni di sicurezza, dall’essere rassicurati, confortati e da punti di riferimento e identità ben definiti’.

Con le popolazioni tenute in costante stato di allerta, c’è un’atmosfera di vittimismo di massa che erode tutto il senso di responsabilità: le vittime si sentono giustificate nel colpevolizzare ‘l’altro pericoloso’ ad un tempo così lontano e così vicino – se non addirittura tra di noi - tanto da non sapere più chi siamo ‘noi’. La minaccia del terrore è così grande che ignorare i diritti umani è diventato accettabile, affinché la sorveglianza, la perdita del diritto alla privacy, estradizioni sommarie e campi di tortura ‘civilizzati’ cominciano ad essere dati per scontati.

Ramadan è convinto che il rimedio sia nel rimodellare noi stessi ad un livello profondo, un tema ripetuto più volte. Le iniziazioni escogitate dai religiosi, dai filosofi, e dalle arti mettono in grado i praticanti di trascendere gli angusti confini dell’autostima, gli egoismi impauriti, dove il ’noi’ è la misura del tutto; noi dobbiamo capire cosa ci guida, analizzare i nostri blocchi emotivi, le nostre ferite, le ansietà e padroneggiarle; invece di colpevolizzare l’altro, abbiamo bisogno di sviluppare quella capacità critica di fare un passo indietro e denunciare apertamente i ‘nostri’ abusi e riprenderci le responsabilità delle nostre azioni. Dobbiamo rimetterci al corrente con la storia, realizzare che non esistono identità o civiltà personali ‘pure’, e che noi siamo stati formati da influenze diverse “…”Ma questo, riconosce Ramadan, non sarà facile; oggigiorno pretendiamo, esigiamo le trasformazioni, le riconversioni istantanee, ed il cambiamento elaborato dall’iniziazione tradizionale è lento, incrementale ed impercettibile: abbiamo perso l’abitudine di guardarci dentro, dell’ascolto a cuore aperto, e confondiamo l’emozione con la spiritualità“.
Che tale messaggio di illuminata saggezza possa far posto nelle menti distorte dalla violenza della destra di governo italico: è un augurio. Ed una speranza.


Marco Rossi.

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