A.N.E.P.L.A SI ATTIVA A DIFESA DELLA CATEGORIA DELLE IMPRESE RAPPRESENTATE.

 

Ancora una volta si rileva, con vivo disappunto,  che il settore dell’ attività estrattiva, che in Italia raggruppa diverse migliaia di imprese con circa 30.000 addetti, è stato oggetto di un’ analisi molto approssimativa, grossolana ed iniqua nel giudizio complessivo ed assolutamente non corrispondente alla realtà di questo comparto industriale.

In particolare di recente la nota trasmissione Report di RAI3 ha dedicato ampio spazio al settore estrattivo che per scelta e montaggio delle immagini, delle  interviste e dei titoli, dei casi presi a paradigma del settore, sia una sorta di costruzione “ a tesi “ che non rende giustizia alle moltissime imprese che quotidianamente si impegnano per svolgere il rproprio compito in maniere cosciente e responsabile .

A.N.E.P.L.A. si è quindi attivata a difesa della categoria delle imprese rappresentate e a difesa di un’ informazione più documentata, attenta e equilibrata, scrivendo  la sotto riportata nota.

Egregio Direttore RAI 3 Paolo Ruffini, viale Mazzini 14, 00195 ROMA

Gent.ma Milena Gabanelli Redazione Report, viale Mazzini 14, 00195 ROMA

 

Egr. Direttore, in qualità di Presidente della scrivente organizzazione, che da quarant’ anni rappresenta all’ interno del sistema Confindustria il settore dei produttori di lapidei non ornamentali e che rappresenta l’ industria nazionale nell’ ambito della federazione europea di competenza ( UEPG ) , mi pregio di sottoporre alla Vostra attenzione alcune note in merito al programma “Report” andato in onda il .10 aprile ultimo scorso.

Riteniamo che l’ enfasi e l’ impegno civile posti nel denunciare presunte irregolarità e mal funzionamenti del nostro sistema pianificatorio, autorizzativo e di controllo e di alcune imprese ad esso assoggettate  , di per sé lodevoli e giustamente da sempre titolo di merito del programma, sarebbero tanto più efficaci se supportati da maggiore competenza, imparzialità di giudizio, pluralismo di opinioni.

Ci pare invece che l’ intero programma , per scelta e montaggio delle immagini, delle  interviste e dei titoli , dei casi presi a paradigma del settore , sia una sorta di costruzione “ a tesi “ che non rende giustizia al nostro settore .

Settore che, anche in questi tempi di crisi,  si confronta ogni giorno con un quadro legislativo – amministrativo complesso e molto stringente , che investe molto sui temi della sicurezza sul lavoro , della qualità, della mitigazione ambientale e tutela della biodiversità,  del riciclaggio e dei materiali alternativi ed anche, seppure ancora allo stato di progetti pilota, nel settore delle energie alternative. ( solare, biomasse e geotermico ).

Molti sono gli esempi che potremmo portare ad illustrare il raggiungimento di un felice punto di incontro tra esigenze di programmazione economica e tutela dell’ ambiente ed interesse della collettività. ( basterebbe citare il fatto che diverse aree estrattive, specie in ambito perifluviale, sono state classificate aree ZPS  Zone a Protezione Speciale inserite nella rete Natura 2000 ex Direttiva Europea Habitat ed Uccelli ).

Egregio Direttore, qualunque sia il legittimo punto di vista di chiunque non ci pare in ogni modo che la grande approssimazione che, purtroppo, contraddistingue l’ intero servizio , che eleva a paradigma del settore una manciata di casi, e spesso mal documentati in assenza di un pieno contradditorio, in ogni caso  assolutamente non rappresentativi di un settore che conta migliaia di imprese, sia il modo per contribuire ad una corretta ed equilibrata informazione, né per promuovere l’ obiettivo, che noi condividiamo e per il quale ci battiamo quotidianamente, di garantire il rispetto delle regole o di migliorarle.

Più in dettaglio si rileva che :

Partiamo dal TITOLO “La banda del buco”: Il settore dei minerali non energetici ( per usare la classificazione ISTAT e propria anche della Legislazione Europea ) ricomprende una categoria molto varia di  tipologie  di estrazione : cave e miniere , siti a cielo aperto ed in sotterraneo, in pianura e in montagna, a secco o sotto falda  . Ovvero realtà che sotto il profilo geologico , minerario, tecnologico, merceologico , di status giuridico e di filiera economica non hanno praticamente nulla in comune. Spiace vedere che  la prima volta che una rubrica televisiva di approfondimento dedica attenzione al settore lo faccia  ricomprendendo, con grossolana approssimazione, realtà tanto profondamente diverse sotto il generico titolo “la banda  del buco”. Ovvero partendo dalla descrizione di  fatti circoscritti nel tempo, nello spazio, e, soprattutto, caratterizzati dalle proprie peculiarità (tecniche, amministrative etc. )  si finisca per trascinare in un giudizio sommario e senza appello un intero settore.  

Passiamo all’ apertura: Milena Gabanelli [….] Ma non è proprio di arte che parliamo questa sera , ma di cave, da cui si estrae quello che serve per costruire; quindi  (??????) i proprietari di questa materia prima sono i cittadini dei comuni dove stanno appunto le cave  […

Sorvolando sul fatto che si fatica a capire la consequenzialità tra il concetto che le cave producano una materia prima per le costruzioni ( fatto di certo ineccepibile ) con l’ idea che la risorsa appartenga “QUINDI” ai cittadini, l’ affermazione riportata è quanto di più lontano dalla verità e dallo status giuridico assegnato a questa risorsa dal nostro Codice Civile . ( almeno per quanto riguarda le cave di sabbi a e ghiaia e tutti i materiali classificati dalla vigente Legge Mineraria come di  “Seconda categoria”  . Per maggiori dettagli sulla differenza tra cave  e miniere, ovvero tra concessione ed autorizzazione,vedi la nota allegata ).

L’ articolo concede amplissimo risalto alla  realtà di Caserta. La Provincia di Caserta per il nostro settore rappresenta, in termini di numero di imprese, di  produzione , di fatturato e di addetti,  una frazione infinitesimale del contesto nazionale e sicuramente non rappresentativa del comparto nel suo insieme . Appare quindi grave che in una trasmissione  che si propone di parlare del settore nel suo insieme , invece di partire da un approccio equilibrato e panoramico che evidenzi luci ed ombre, che non mancano nel nostro settore come nella totalità degli altri settori industriali, assuma a paradigma dell’ intera attività estrattiva il caso, molto marginale e per fortuna NON RAPPRESENTATIVO , di quel di Caserta.

Nell’ articolo si citano dei numeri relativi alle cave in Italia che figurano solo nel dossier di Legambiente e di cui non troviamo riscontro da nessuna altra parte. L’ Istat nel suo ultimo censimento (Censimento dell’industria e dei servizi, pubblicato nel 2001) parla di 5343 cave ( “unità locali” nella rubricazione dell’ ISTAT ) , 2460 delle quali riferibili al comparto “estrazione sabbia e ghiaia “ , codice ATECO 14.21 Può darsi che i dati raccolti e diffusi dall’ Istituto Nazionale di Statistica possano avere qualche margine di incertezza ma sicuramente “fotografano” al meglio possibile la situazione attuale. Ci sarebbe quindi piaciuto vedere un approccio al problema dell’ esatto impatto delle cave sul territorio ( in termini di numero ) un po’ più critico e documentato.

Nell’ articolo si parla di canoni di concessione , sottintendendo che le Regioni  non si attivino , o non lo facciano con insufficiente energia, per farsi adeguatamente pagare il controvalore dell’ utilizzo di una risorsa pubblica. Si tratta di un approccio al problema, si spera involontariamente, estremamente confuso e che parte dalla assoluta ignoranza dei presupposti giuridici per l’ esercizio della attività estrattiva, almeno per quanto riguarda la stragrande maggioranza delle cave. Come meglio spiegato nella nota allegata e qui omessa per necessità di sintesi, nel mondo delle cave ( ovvero dei materiali di cosi detta II Categoria )  la risorsa appartiene al proprietario della cava , quale suo “frutto naturale” ex art. 820 del Codice Civile . Alcune delle vigenti legislazioni regionali  pongono  a carico dell’ impresa di coltivazione di cava il pagamento di un corrispettivo  alla Pubblica Amministrazione a titolo di contributo per la risistemazione dell’ area, ma si tratta di un contributo che giuridicamente nulla ha a che fare con un canone di concessione.  Ognuno è libero, ovviamente, di esprimere le proprie valutazioni su questo sistema, per altro molto  simile anche all’ estero, ma va da sé che anche in questo caso  è imprescindibile un approccio sereno e ponderato.

Un approccio che non ci sembra invece per niente equilibrato laddove nella trasmissione si parla a sproposito di concessione, si lascia ripetutamente credere che tutto quello che sta tra il ricavo ed il contributo versato al Comune ( e/o Provincia, a seconda dei casi ) sia tutto “profitto” , si intende ottenuto in maniera “sotterranea” , “furtiva” , “illegale” “immeritata” etc.  ,: Si finge cioè  di dimenticare che in mezzo , come per qualunque altra attività industriale del mondo , ci stanno i costi di produzione ( l’ acquisto dei terreni, degli  impianti, dei macchinari , dell’ energia, i costi finanziari,  della forza lavoro e delle opere di riqualificazione ambientale previste dal progetto di recupero etc. ) Le imprese di cava , al pari di tutte le altre imprese italiane, svolgono una attività economica , fondamentale per l’ economia del Paese, esposta al rischio di impresa ed al mercato e come tutte le altre possono crescere , fare o non fare investimenti, generare profitti o perdite, prosperare o fallire ed il loro eventuale profitto non ha proprio nulla di diverso da quello di qualsiasi altra impresa. Inoltre, dando per scontata tanta supposta ricchezza furtiva, mal si comprenderebbero le difficoltà che le imprese oggi attraversano, come tante altre tributarie di quell’  industria delle costruzioni che più di altre sta soffrendo la recessione di questi anni, e il frequente ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni.

Ci sembra inoltre necessario fare qualche puntualizzazione sull’ abbinamento delle cave alle discariche che la trasmissione, in più occasioni, sembra quasi ipotizzare come un connubio necessario. Giova al proposito ricordare che le cave esistono per assolvere alla essenziale funzione di produrre una materia prima insostituibile , per lo meno allo stato dell’ arte, per l’ industria delle costruzioni. Nella grande maggioranza delle Regioni italiane esse sono soggette ad una disciplina di pianificazione orientata a determinarne il numero e la collocazione sul territorio, in funzione delle necessità di materiale riscontrate. Correlativamente , ed ancora a maggior ragione, le discariche sono , eventualmente, pianificate nell’ ambito del Piano provinciale di gestione dei rifiuti . Ovvero si fanno se, dove, come e quando la Pubblica Amministrazione lo ritiene necessario. Altrimenti detto, non esiste necessariamente un nesso funzionale, giuridico o di filiera economica tra la cava e la discarica. Si può anzi certamente convenire sul fatto che in Italia si debba fare molto di più per ricorrere  al conferimento dei rifiuti in discarica quale  extrema ratio ( a partire da noi tutti cittadini con un comportamento più virtuoso e ”civile” ), aumentando invece la differenziazione, il riciclaggio, la termovalorizzazione etc.

Non di meno, laddove la Pubblica Amministrazione decida, in ottemperanza ad una necessità di ordine pubblico e non già per beneficiare qualche “rapace” imprenditore,  che non esista altra soluzione percorribile per la gestione dei rifiuti che una discarica,  è di solare evidenza che la logica vuole che sia fatta dove già esiste un vuoto da colmare. Ripetiamo che saremmo i primi ad essere felici se non si facessero più discariche ma se se ne fanno non è certo per colpa delle imprese di cava che, certamente, sono solo penalizzate da questo connubio. Se si fanno delle discariche non è certo per colpa delle cave ma per incapacità di tutti di trovare diverse e migliori soluzioni: a partire dalle imprese della filiera produttiva dei beni di largo consumo , dal comportamento poco virtuoso di tutti noi cittadini-consumatori e , non ultimo , dalla scarsa capacità di chi ci guida di orientare e pianificare scelte diverse.

In conclusione siamo pertanto a chiedere di voler offrire  in un prossimo futuro , sia all’ interno di Report o di un’altra rubrica di informazione, la giusta attenzione che merita il  nostro settore offrendoci un minimo di diritto di replica e l’ occasione per offrire una visione più completa del settore.

Restando a disposizione per ogni chiarimento o approfondimento, in attesa di un cortese cenno di riscontro, porgiamo i nostri migliori saluti.

Milano, 29 / IV / 2011

Il Presidente

Cirino Mendola

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