IL MACCHINONE.

Io ce l’ho più grosso. Il macchinone.

Un costume italico al cento per cento, magistralmente descritto spesso in chiave comica nei film del neorealismo degli anni successivi al conflitto mondiale – la fine degli anni ’40 e primi anni ’50 del secolo scorso – è quello dell’emigrante che torna al borgo natio con “il macchinone”; automobili americane gigantesche decappottabili molto in voga in quegli anni di ricostruzione industriale, dopo le devastazioni dei bombardamenti subiti dal Paese ridotto un cumulo di macerie.

Venivano utilizzate nei film per rappresentare quante sofferenze, privazioni, stenti, umiliazioni, ristrettezze e povertà pativano coloro che, abbandonato il paesello, emigravano all’estero in cerca di fortuna, per poi ritornarci molto dopo e molto arricchiti. La proiezione fallica della propria presunta potenza sessuale sublimata nel “macchinone” esibito come tale, rende ancora più ridicoli coloro che per avere successo devono ostentare per suscitare ammirazione, invidia, mera volontà di considerare i propri concittadini come inferiori; e per controbilanciare, colui che ritorna al borgo natio col ”macchinone” viene considerato come uno al quale gli si può chiedere qualsiasi cosa.

Questo è, in soldoni, il milieu precursore dell’italianissima affaristica poco chiara e dai foschi contorni, della capacità di rendere i paesani partecipi del successo mai troppo spiegato, dove i paesani stessi – conoscendosi tutti – avranno sempre impressa l’immagine del compaesano, del compare che risolve.

Un esempio di quest’antichissima ciclica usanza è il soggetto di un articolo di Eduardo Di Blasi e Vincenzo Iurillo che sul Fatto Quotidiano di mercoledì 21 Marzo raccontano come, in un’intervista ad un assicuratore di San Giuseppe Vesuviano, questi rivede dopo più di dieci anni il figlio di un piccolo imprenditore che non se la passava troppo bene negli affari con il quale aveva avuto dei problemi di assegni postdatati; e incrociandolo in paese, lo vede che esce “stirato ed elegante” da una Bentley “scura ed elegantissima” e gli dà anche un “pizzicotto sulla guancia, come se fosse un uomo superiore”. “Io” racconta l’assicuratore “per tutta risposta gli dissi: ‘Ti ricordi quando non riuscivi a pagarmi l’assicurazione?’ e lui: ‘Ma che vai pensando, vieni a trovarmi a Posillipo [quartiere esclusivo di Napoli] dove adesso mi sono trasferito.’ Aveva anche cambiato il modo di parlare, era meno paesano”.

Seguono indagini dei funzionari di una branca della Pubblica Sicurezza sul figlio dell’imprenditore che riveleranno poi affari non proprio pulitissimi in combutta con soggetti del crimine organizzato campano.

Come si può vedere la rappresentazione della realtà completamente distorta rende gli spettatori parte del gioco, in un eterno palcoscenico battuto da coloro che di questa realtà distorta ne fanno un vanto e soprattutto materia del proprio lavoro.

Da manuale assoluto merita una citazione l’articolo che Massimo Fini riporta sempre sul Fatto Quotidiano del 20-3-12 a pagina 8, di come certi sicofanti berlusconizzati fino al midollo tentano di vendere una realtà che solo loro riescono a vedere nella loro psiche manipolata e manipolatrice; Massimo Fini cita in toto cosa scrive Giuliano Ferrara sul quotidiano il “Giornale” del 18 marzo circa il resoconto delle vicende che coinvolsero una prostituta minorenne, parte dell’entourage da lupanare dell’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

La storia è arcinota: Wikipedia narra la cronaca di quello che successe nel maggio del 2010, e di come l’ex-premier, accusato di induzione alla prostituzione minorile, abbia di fatto rivelato al mondo intero la sua reputazione di inveterato lenone; tutto fuorché presidente del Consiglio.

Da Wikipedia.org: “Le accuse sono conseguenti alla vicenda della allora diciassettenne marocchina Karima El Mahroug, detta Ruby Rubacuori, arrestata per furto nel maggio 2010 a Milano. Dopo accertamento della minore età della giovane le autorità stavano procedendo con le normali procedure di affidamento dei minori, quando Berlusconi, intervenendo con un paio di telefonate, convinse le autorità ad affidare Karima El Mahroug a Nicole Minetti (consigliere regionale PDL), per evitare problemi diplomatici, affermando (fatto poi dimostratosi infondato) che la giovane fosse la nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak”.

Così Giuliano Ferrara sul “Giornale”, distorcendo la realtà completamente, rendendo reati (induzione alla prostituzione minorile e concussione ai danni della Questura di Milano) commessi dal suo capo – ora ex-premier, di fatto cacciato da palazzo Chigi per evitare ulteriori danni alla già compromessa reputazione del Paese soprattutto in campo internazionale, e che Monti sta lentamente tentando di recuperare – un gioco per bambini cresciutelli: “Quello che accadde quella notte lo sanno tutti. Berlusconi fu avvertito che una signorina sua amica di bisbocce private, simpatica e un pò matta…preda molto appariscente nell’Italia guardona che voleva far fuori il premier per le feste che teneva a casa sua, era nei guai in Questura a Milano.

Le diede una mano come farebbe chiunque non abbia gli occhi foderati di loscaggini legalitarie. Chiunque inteso come privato. Lo avrei fatto anch’io. Chiamò, rassicurò con estrema gentilezza il funzionario, sollecitò una soluzione che evitasse guai alla ragazza che si era messa nei guai, raccontò anche qualche balla su Mubarak perché è persona fantasiosa e verbalmente incontinente. Insomma mise la sua voce delicata e suadente un passettino oltre le regole e incaricò un’amica, amica delle sue amiche, di andare a prendere la giovinetta. Tutto qui”.

Fantastico. Un’accertata ladra e prostituta minorenne diventa “una signorina sua amica di bisbocce private, simpatica e un pò matta”; le orge nelle ville di Berlusconi presidente del Consiglio della Repubblica Italiana a base di sesso e droghe varie diventano ”feste che teneva a casa sua” (le famose ‘cene eleganti’) e “bisbocce private”; l’intervento telefonico aggressivo, minaccioso nei confronti di funzionari di Pubblica Sicurezza della questura di Milano – di fatto ricattatorio verso questi ultimi minacciando di renderli disoccupati a vita se non avessero assecondato le sue richieste – diventa “dare una mano da parte di chi non ha gli occhi foderati di loscaggini legalitarie”; il fare minaccioso e intimidatorio, approfittando del proprio stato di primo ministro diventa “una chiamata, una rassicurazione fatta con estrema gentilezza, per sollecitare una soluzione che evitasse guai alla ragazza che si era messa nei guai”; la notissima aggressività verbale di Berlusconi viene spacciata come “voce delicata e suadente”, e l’induzione a delinquere nei confronti di funzionari della Questura viene descritta come “un passettino oltre le regole”. Ma il delirio totale si raggiunge con la seguente frase: “raccontò anche qualche balla su Mubarak perché è persona fantasiosa e verbalmente incontinente”.

Ecco: gli asini volano, gli esseri umani in realtà hanno otto occhi, sei braccia, quattro gambe e ventiquattro nasi. Non ve ne siete mai accorti?

Il Ferrara-tappetino dell’ex-premier fa venire in mente una sequenza del film “Il giorno della civetta” di Damiano Damiani: la sequenza in questione vede il boss don Marianino Arena finire in cella insieme ad un componente del suo clan del quale fa parte il presunto sicario dell’omicidio che sarà il perno attorno al quale l’intero film ruota.

Don Marianino ovviamente non può sopportare lo smacco di essere in cella con un suo sottoposto e impone a quest’ultimo di sbattere la testa contro il muro della cella fino a procurarsi un’escoriazione sulla fronte per poi accusare le forze dell’ordine di essere stato picchiato.

Minaccia e ricatto quindi: i reati perpetrati costantemente in ordine al raggiungimento degli scopi criminali dell’ex-premier. La corruzione è la più ovvia per blandire ogni resistenza trattandosi di persona ricchissima, diventata tale amministrando beni del crimine organizzato.

In funzione della propria posizione di presidente del Consiglio, la minaccia di rendere gli ufficiali e i funzionari della questura di Milano disoccupati a vita è la seconda prerogativa qualora il potere economico non avesse lavorato a sufficienza, come quando vedendosi scoperto e intercettato Berlusconi tenta di rimediare contattando Karima el Mahroug, intimandogli di ”fare la pazza” dopo lauta ricompensa; Ruby Rubacuori minacciata e blandita a suon di bigliettoni da 500 €.

Una bella svolta per quelli che vedevano nel paesano, nel compare colui che risolveva; l’ex premier è cresciuto in questo contesto. Cioè quello dove, grazie a contatti e amicizie molto, moltissimo compromettenti, si poteva pavoneggiare - in senso traslato – davanti ai suoi compaesani col “macchinone”, e Giuliano Ferrara – il suo trombettiere – spaccia una verità presa pari pari da quella descritta nei film degli anni del dopoguerra.

Il compaesano arricchito che torna al paesello col macchinone, si fa testimone di ricchezze accumulate in modo assai misterioso, e tutti devono vedere, tutti devono sussurrare al suo passaggio col macchinone per le viuzze del borgo natio.

L’intero paesello sa. E tace. Oppure i paesani inventano agiografie deliranti. Tipo Giuliano Ferrara.

Marco Rossi      

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