ACQUA ALL’ARSENICO, MOLTI I COMUNI ITALIANI A RISCHIO.

ALLARME IN PARTICOLARE PER I BAMIBINI SOTTO I TRE ANNI.

La Commissione Europea non è più disposta a tollerare che l’Italia reiteri continuamente l’uso di acqua all’arsenico ma soprattutto a reiterare la non osservanza delle deroghe imposte dalla  direttiva europea ovvero l’applicazione di norme che hanno abbassato il livello di arsenico ammesso nei nostri acquedotti. Molti comuni del territorio italiano non rispettano i parametri europei per quanto riguarda la presenza nelle acque destinate al consumo di sostanze come arsenico, floruro e borio. Con un documento indirizzato al ministero della Salute, Bruxelles chiede di procedere con le ordinanze che vieterebbero di bere l’acqua in 128 Comuni italiani in cui si riscontrano livelli anche di 50 microgrammi per litro, contro i 10 ammessi dalla legge.

Il Lazio è la regione più “colpita”, con 91 Comuni sui 128 fuorilegge di tutta l’Italia.

Segue poi la Toscana. La Commissione europea ha accolto solo parzialmente la richiesta dell’Italia di poter beneficiare della terza deroga, che avrebbe consentito alle aree in difficoltà di avere altro tempo a disposizione per rientrare nei limiti fissati da una direttiva Ue del 1998.

Nella richiesta, avanzata il 2 febbraio 2010, l’Italia faceva riferimento al fatto che i valori superiori della fonte della fornitura di acqua sono di origine geogenica e che la fornitura di acqua non può essere garantita con mezzi alternativi.

La notizia della scadenza della deroga concessa dalla Commissione Europea e ignorata dalle istituzioni è di una gravità senza precedenti. Si continua ad erogare acqua inquinata, acqua all’arsenico, acqua nociva. Questa la denuncia del Forum dei Movimenti dell’Acqua : “Il regime delle deroghe era stato deciso per permettere alle compagnie che gestiscono l’acqua un piano di rientro nei valori consentiti dalla legge. Il fine, nelle intenzioni di Bruxelles, era quello di eliminare le cause dell’inquinamento o per investire installando sistemi di potabilizzazione in grado di riporta l’acqua erogata entro i parametri definiti dal decreto 31/2011. Per questo sono state concesse tre deroghe da 3 anni ciascuna, a partire dal 2001. Il tempo è scaduto, l’acqua è ancora inquinata”.

La situazione dei Castelli Romani, come quella dell’Amiata, sono un chiaro esempio di come questo non sia avvenuto. Così come succede altrove nel Lazio, in Toscana, Trentino e Lombardia. In 128 Comuni, per una popolazione di 1.009.455 abitanti.

Un ottimo spunto di riflessione per chi si ostina a sostenere che privato è bello.

Il documento in cui la Commissione Europea si esprime sulle deroghe recita testualmente: “La decisione della commissione del  28.10.2010 sulla deroga richiesta dall’Italia ai sensi della direttiva 98/83/CE del Consiglio concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano

Con lettera del 2 febbraio 2010 l’Italia ha chiesto una terza deroga per alcune forniture di acqua nelle regioni Campania, Lazio, Lombardia, Toscana, Trentino-Alto Adige e Umbria. La richiesta di deroga riguarda il parametro dell’arsenico per valori di 20, 30, 40 e 50 μg/l, il parametro del borio per valori di 2 e 3 mg/l e il parametro del fluoruro per valori di 2,5 mg/l

Nella richiesta l’Italia fa riferimento al fatto che i valori superiori della fonte della fornitura di acqua sono di origine geogenica e che la fornitura di acqua non può essere garantita con mezzi alternativi.

La richiesta è stata suffragata da dati relativi ai pertinenti risultati del monitoraggio, sulla popolazione e sui volumi di acqua potabile interessati. Inoltre, la richiesta specifica la durata auspicata della deroga per ogni zona di fornitura di acqua, i previsti regimi di monitoraggio e le misure correttive, di cui alcune sono attualmente in fase di elaborazione e altre in fase di attuazione. La richiesta conferma che non sono interessate importanti imprese alimentari.

Il sistema di autorizzazione delle prime e seconde deroghe in Italia era fondato sulla motivata richiesta da parte dell’Autorità Sanitaria e Ambientale della Regione, e incentrato su una valutazione analitica della richiesta da parte del Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità e il Consiglio Superiore di Sanità, secondo quanto previsto dall’art 9 della dir 98/83/CE.

La decisione sulla deroga era determinata sulla base dei seguenti criteri: (a) valutazione e gestione dei rischi, finalizzata ad evitare potenziali pericoli per la salute umana, (b) esigenza della deroga come unico mezzo per assicurare l’approvvigionamento idrico e ristabilire la conformità, (c) impossibilità di garantire la fornitura di acque destinate al consumo umano nella zona interessata con altro mezzo congruo, (d) evidenza di realizzazione di adeguate azioni correttive, con relativa pianificazione temporale e disponibilità dei finanziamenti (su base annua), (e) non applicabilità della deroga alle acque utilizzate negli impianti di produzione alimentare.

I valori limite di 10 μg/l per l’arsenico, di 1 mg/l per il boro e di 1,5 mg/l per il fluoruro fissati nel documento della direttiva 98/83/CE mirano ad assicurare che le acque destinate al consumo umano possano essere consumate in condizioni di sicurezza nell’intero arco della vita.

Tuttavia, prove scientifiche, in particolare gli orientamenti dell’Organizzazione mondiale della sanità sulla qualità delle acque potabili. e il parere del comitato scientifico dei rischi sanitari e ambientali[1], dimostrano che taluni valori più elevati sono accettabili per un periodo di tempo limitato senza rischi per la salute umana. Poiché ciò non si applica all’acqua destinata al consumo dei neonati e dei bambini fino a 3 anni di età, occorre adottare misure specifiche per la loro protezione.

Per quanto riguarda l’arsenico, le prove scientifiche nei documenti indicati in riferimento negli orientamenti dell’Organizzazione mondiale della sanità e nel parere del comitato scientifico dei rischi sanitari e ambientali consentono deroghe temporanee fino a 20 μg/l, mentre valori di 30, 40 e 50 μg/l determinerebbero rischi sanitari superiori, in particolare talune forme di cancro. Pertanto occorre autorizzare unicamente deroghe per valori di arsenico fino a 20 μg/l.

E’ necessario che l’Italia rispetti gli obblighi imposti dalla direttiva della CEE. Il rispetto della normativa serve in particolare per proteggere la salute pubblica, si devono quindi fissare alcune  condizioni specifiche. ai fini del consumo di acqua potabile da parte dei neonati e dei bambini fino all’età di 3 anni, l’Italia dovrebbe quindi assicurare che la fornitura di acqua rispetti i valori dei parametri della direttiva CEE;  informare gli utenti sulle modalità per ridurre i rischi legati all’acqua potabile per la quale è stata concessa la deroga, e in particolare informa gli utenti sui rischi legati al consumo dell’acqua oggetto di deroga da parte di neonati e di bambini fino all’età di 3 anni;

La Commissione europea respingendo la richiesta di deroga ai limiti di legge inoltrata dall’Italia per la concentrazione di arsenico presente nell’acqua destinata ad uso potabile, per quanto concerne l’arsenico, tollerava solo deroghe per “valori di arsenico fino a 20 microgrammi al litro”. Non si poteva però derogare fino 50 microgrammi al litro. Se l’Italia non rispetterà il divieto, rischia un procedimento davanti alla Corte di Giustizia europea.

Anche l’ Associazione Altroconsumo denuncia: “L’Italia è il paese europeo dove più frequentemente si è permesso ad alcuni acquedotti di erogare acqua con valori fino  5 volte superiori alla legge, in particolare per arsenico, boro e fluoro. Una pessima abitudine, che ha più volte suscitato polemiche e creato allarmismi sui potenziali rischi sulla salute. Preoccupazioni non certo affievolite – come è giusto che sia – dal fatto che le deroghe riguardino pochi comuni e località che si trovano nelle regioni Lazio, Campania, Toscana, Umbria, Lombardia e nelle province di Trento e Bolzano (per inciso in tutti i casi si tratta di sostanze presenti naturalmente nelle falde cui gli acquedotti attingono)”.

Lo stop ufficiale è arrivato il 28 ottobre, ma già nei mesi scorsi a pronunciarsi era stato il comitato scientifico della Commissione europea, lo SCHER (Scientific Committee on Health and Environmental Risks), che ha in parte confermato le preoccupazioni che riguardano la salute dei più piccoli, mentre per quanto concerne la popolazione adulta il rischio sulla salute derivante dalla proroga dei valori derogabili per questi tre elementi sarebbe molto basso. Nello specifico, per i bambini sotto i 3 anni il boro assunto bevendo acqua potrebbe facilmente raggiungere il limite massimo tollerabile, mentre per i bambini e i ragazzi fino a 18 anni non è escluso che gli effetti negativi dovuti all’arsenico si manifestino già a partire dai 20 microgrammi per litro.

Arsenico, boro e fluoro: le eccezioni fin’ora consentite
Limite di legge Deroga
Arsenico 10 ug/l 50 ug/
Boro 1 mg/l 3 mg/l
Fluoro 1,5 mg/l 3 mg/l

Altroconsumo indica alcuni consigli per le persone sensibili: “Quando è in vigore una deroga, la regione o la provincia autonoma deve informare adeguatamente e tempestivamente la popolazione coinvolta, fornendo indicazioni specifiche per le categorie di popolazione più esposte a rischi: bambini e adolescenti, donne in gravidanza e allattamento. Consigliamo loro di evitare di consumare acque sottoposte a deroghe per questi parametri”.

Perché queste tre sostanze devono essere sempre tenute sotto la lente di ingrandimento? “L’arsenico è un elemento non essenziale all’organismo umano  – continua l’ Associazione di consumatori – e, a elevate esposizioni attraverso la dieta e l’aria, può causare tumori della pelle e degli organi interni. Il fluoro, se assunto in quantità eccessiva attraverso l’acqua, l’alimentazione ed eventuali integratori, causa fluorosi dentale e ossea nei bambini. Il boro è tossico per le vie riproduttive, ma non si è rilevata azione cancerogena”.

G.De Santis


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