costruzioniPerché il settore delle costruzioni va (deve andare) verso un mutamento “epocale”

 

Leggiamo in molti rapporti di Istituti e Centri Studi o in dichiarazioni ufficiali riferimenti al fatto che il livello economico delle costruzioni è oggi tornato a quello di 10 anni fa o che riusciremo a tornare ai livelli del 1998 solo nel 2016, nel 2017 o oltre.

Questo approccio, certamente comprensibile per dare il senso della gravità della crisi, è tuttavia “ideologicamente” errato perché non tiene conto della netta discontinuità intervenuta nell’ultimo quinquennio: non si tornerà più ad un mercato con le caratteristiche di quello che abbiamo conosciuto, al di là dell’auspicabile ripresa prevista a partire già da quest’anno.

Occorre prenderne consapevolezza e organizzarsi di conseguenza.

Intanto occorre prendere atto, non solo a parole ma anche con coerenti comportamenti nelle azioni di lobby o, per dirla più elegantemente, di relazioni istituzionali, che la riduzione dei consumi energetici e dell’uso di risorse naturali nonché del consumo del territorio sono inaggirabili stelle polari nel prossimo panorama del settore delle costruzioni ed in genere della civile convivenza.

In un contesto urbano di “maggior respiro” il miglioramento della qualità della vita degli spazi privati (condominiali) e pubblici ed il combinato di quanto sopra dovrà portare ad interventi sempre più orientati a riqualificare infrastrutture ed ambiti urbani edificati.

La riqualificazione edilizia sul mercato delle costruzioni pesa ormai stabilmente per oltre il 65%. Ciò deve comportare una ristrutturazione del settore costruzioni in senso industriale avanzato che non si può raggiungere senza un sistema di impresa che operi, tra le altre cose, in un mercato competitivo e trasparente, con livelli qualitativi e di specializzazione elevati.

Non è più rinviabile poi – con particolare riferimento alle nuove costruzioni che auspichiamo avvengano sostanzialmente nel quadro della sostituzione urbana – una reale e compiuta industrializzazione del settore con le non irrilevanti conseguenze che ciò comporterà, sia sotto il profilo della  semplificazione delle fasi lavorative in cantiere, sia sotto quello della innovazione di prodotto e di processo sui materiali, componenti e tecnologie nonché sotto il profilo del livello di specializzazione delle maestranze. Questo senza parlare dei mutamenti che interverranno anche nei sistemi di rappresentanza, se la “casa” si costruirà “in fabbrica”. L’innovazione tecnologica può peraltro favorire un processo di crescita e di ricollocazione occupazionale.

Come detto quanto sopra implica un serio mutamento rispetto alla configurazione attuale del mercato – caratterizzato spesso da imprese con scarsa qualificazione e con un approccio orientato al ribasso estremo dei costi – da raggiungere anche attraverso un importante ruolo della normazione volontaria.

In questo quadro il problema del controllo di qualità è decisivo. Non si può infatti prescindere da un efficace sistema di certificazione, né tantomeno da un efficace sistema di controlli che deve essere serio e diffuso. Ed in ultimo non si può neanche prescindere dal favorire in modo incisivo un processo di concentrazione di impresa che, in Italia, è particolarmente necessario data la dimensione media veramente limitata.

Il Direttore Generale Finco

Angelo Artale

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