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TEA PARTY: UN TRIONFO

Dopo due anni l’America volta le spalle a Obama: i Repubblicani riconquistano la maggioranza alla Camera

Non ha potuto continuare, John Boehner: gli è mancata la voce e si è messo a piangere. Così è finito il discorso: era il discorso della vittoria. Le elezioni di medio termine si sono svolte oggi, martedì 2 novembre, negli Stati Uniti. Il Partito Repubblicano ha vinto e l’onorevole Boehner, Repubblicano, diventerà Presidente della Camera dei Deputati. Ai sostenitori che lo festeggiavano, Boehner ha parlato della sua giovinezza di lavoro e di sacrifici. Ha detto che ora stava toccando  il culmine del sogno americano. L’abbiamo visto, perché è notte fonda e la televisione sta ancora trasmettendo i risultati della giornata elettorale.

Le immagini della televisione si aggiungono alle altre immagini di queste straordinarie elezioni. Col voto, gli Americani hanno chiesto a Obama di fermarsi sulla strada di riforme che il popolo americano non vuole. È una rivolta, uno tsunami di polemiche e di proteste, che scuote la società americana.

A due anni dalle elezioni presidenziali del 2008, l’America ha sonoramente bocciato la politica di Obama. Le elezioni di medio termine sono destinate ad eleggere di Deputati, Senatori e anche Governatori e altre autorità locali, ma non del Presidente. Tuttavia, in realtà, quelle di oggi sono state soprattutto un referendum su Obama. Dopo avergli decretato il trionfo meno di due anni fa, gli Americani ci hanno ripensato. Con incredibile rapidità hanno voltato pagina. Il disastro dell’economia è stato il fattore principale, ma anche motivi ideali hanno avuto un ruolo in questo ripensamento. Il popolo americano ha respinto la trasformazione dell’America che Obama vuole: trasformazione in un paese più equo, dice Obama, in un paese socialista, dicono gli avversari. Così finirà il monopolio democratico della Camera dei Deputati e del Senato dove i Democratici hanno la maggioranza. Ora i Repubblicani hanno conquistato la maggioranza alla Camera dei Deputati, hanno sfiorato la parità al Senato e il democratico Obama non potrà più contare su un Congresso amico e docile, ma dovrà misurarsi con un esercito di Senatori e Deputati dell’altra parte, come pure con Governatori non più tanto malleabili, per non parlare dei Corpi Legislativi minori, quelli dei cinquanta Stati americani.

Ed ecco le cifre della Camera dei Deputati. 435 è il totale dei seggi: tutti in ballottaggio. Maggioranza: 218. I Democratici hanno 258 seggi, i Repubblicani 177. I Repubblicani hanno conquistato 67 seggi, e hanno raggiunto un totale di 244 seggi, oltre la soglia della maggioranza.
Ed ecco le cifre del Senato. Totale dei seggi: 100 (2 per Stato) di cui 37 in ballottaggio. I Democratici hanno la maggioranza di 59 seggi (57 democratici più 2 indipendenti alleati); i Repubblicani erano in minoranza con 41 seggi. Ma adesso i Repubblicani hanno accorciato la distanza, conquistando 6 seggi  e arrivando a quota 47, mentre i Democratici,  pur conservando la maggioranza, sono scesi a 53. Ancora però mancano i risultati dell’Alaska, del Colorado e dello Stato di Washington,  in forte ritardo per ragioni procedurali. Ottimi i risultati per i Repubblicani nelle elezioni dei Governatori. Su 50 stati, ci sono 26 Governatori Democratici e 23 Repubblicani (alcune sedi vacanti complicano le cose).  Da oggi ci saranno 31 o 32 Governatori Repubblicani: la maggioranza.

Ma che faranno i nuovi arrivati, una volta entrati in Parlamento?  “Saranno – spiegano quelli del Tea Party – dei ‘cittadini-legislatori’”.  Il Tea Party è il Movimento nato spontaneamente appena un anno e mezzo fa, “in rete”, come si dice nel linguaggio informatico. Ora conta milioni di aderenti collegati attraverso Internet, ed è stato il motore propellente del Partito Repubblicano alla vittoria. Gli eletti del popolo di Internet sono quasi sempre novizi della politica,  profondamente avversi all’establishment non solo democratico, ma anche repubblicano. Questi ‘novizi’ dovranno osservare  il “Giuramento all’America”, sottoscritto prima delle elezioni, che comincia così: “Giuro di votare per tutti i progetti di legge volti all’abrogazione del Progetto  di Riforma Sanitaria H.R. 3590, convertito in Legge il 23 marzo 2010. A tal fine darò il mio appoggio e voterò nella corrente legislatura e nella prossima, per qualsiasi misura, comprese le istanze di annullamento, tendente al definanziamento, divieto e abrogazione della Legge. Lo farò sia che la misura riguardi la Legge nella sua interezza, sia quelle parti che stabiliscono obblighi, limitano la scelta dei medici e l’accesso ai medesimi, violano la libertà e la privatezza individuale, riducono la concorrenza, aumentano i costi e impongono tasse”.

L’Obamacare sarà, dunque, il primo bersaglio del nuovo Parlamento: la Legge, dicono i Repubblicani, che distrugge il sistema sanitario più avanzato del mondo e conduce il Paese alla bancarotta. E poi? “Ma è l’economia, stupidi!”. Il Partito Repubblicano ha adottato lo slogan della campagna elettorale di Bill Clinton, slogan azzeccato anche se  democratico,  nel 1992.  Fermare l’avanzata dello Stato nell’economia, che già è statizzata per il 40%, ridurre il deficit, arrivato ad una percentuale paurosa del Prodotto Interno Lordo, alleggerire la disoccupazione, arroccata al 9,6%, ridurre  le tasse, incentivare le imprese e l’iniziativa privata e, in generale, invertire la marcia di Obama verso il socialismo: ecco cosa dovranno fare i nuovi Parlamentari.

Il Parlamento è nuovo, ma anche gli elettori sono nuovi. Le donne, gli Indipendenti cioè quelli che non sono seguaci di nessun partito, i Cattolici,  – elettori di Obama insieme ai neri nel 2008 – sono passati ai Repubblicani. Come mai? Le donne perché i conti della spesa non tornano. E gli Indipendenti? Perché si sono svegliati dall’ubriacatura per il carismatico Obama e si sono accorti  che  stavano “perdendo l’America”.  Un discorso a parte meritano i Cattolici. Nel 2008 l’accento posto da Obama sulla politica sociale e perfino la sua dottrina della “ridistribuzione della ricchezza” ha in qualche modo attratto i Cattolici, sempre generosi e quindi non alieni all’idea di vedersi decurtare l’assistenza sanitaria affinché fosse estesa a chi ne era privo. Ma oggi la crisi economica rende difficile fare la beneficenza e la protezione della vita – il comandamento non negoziabile – è assente dall’Obamacare. Ecco perché molti di loro hanno cambiato bandiera.

Ma queste elezioni hanno anche una dimensione spirituale. È una spinta verso un rinnovamento dell’anima. Il Tea Party lo chiama “Grande Risveglio”. La storia americana è costellata di “Grandi Risvegli”: momenti, di matrice protestante, in cui la gente è esortata a “nascere di nuovo” a una vita di spiritualità e di opere buone. Per il Tea Party,  l’America sta vivendo uno di questi momenti e questo vale anche per i Cattolici, numerosissimi nel movimento. Per il Tea Party non c’è contraddizione fra le preoccupazioni economiche e il rinnovamento dello spirito perché “la ricerca della felicità” è garantita dalla Costituzione e comprende anche la prosperità e la ricchezza, che serviranno poi a generare prosperità e ricchezza anche per gli altri. È  capitalismo puro alla riscossa. Il Tea Party lo spiega in un suo “Decalogo” che consiste in 9 Principi e 12 Valori di questa religione laica.
Dall’altra parte c’è Obama. Anche lui ha la sua religione: progressismo, come dice lui, o  socialismo, come dicono gli altri. Il Tea Party e Obama sono agli antipodi. E la domanda è: Obama si adatterà a governare dal centro o rimarrà arroccato su posizioni ideologiche di estrema sinistra? Per il momento sembra disposto ad almeno un compromesso. Si tratta di un’esenzione fiscale, concessa a suo tempo dal Presidente Bush, che scade il 31 dicembre. Obama aveva deciso di non prorogarla. Ora, però, pare di sì.

L’attuale Congresso – anatra zoppa – resterà in carica fino al 3 gennaio e dovrà affrontare il problema urgente delle tasse. Il 3 gennaio scenderà in campo il nuovo Congresso col motto “rifare, respingere, abrogare, de-finanziare”. Ma non sarà così facile. Il Presidente Obama ha sempre un’arma: il veto. La Camera dei Deputati ha però un’altra arma: i soldi. La Costituzione assegna alla Camera dei Deputati il compito dei finanziamenti alle leggi. Quindi, i Deputati repubblicani potrebbero negare i finanziamenti alle leggi che piacciono a Obama. Presto, fra loro e il Presidente, il ping-pong sarà fitto fitto.

Tuttavia, oggi,  l’attenzione già corre al 2012, quando scadranno i quattro anni del  mandato presidenziale di Obama. Non è affatto sicuro che Obama sarà rieletto Presidente. Già alcuni Democratici hanno chiesto le primarie per potersi presentare come candidati concorrenti. Una certa scontentezza serpeggia  nel Partito Democratico. Parecchi Democratici hanno cercato di dissociarsi da Obama durante la campagna elettorale. Una scarsa partecipazione ha caratterizzato alcuni comizi democratici.

Intanto, alla televisione, è cominciata la parata dei candidati repubblicani alla Presidenza nel 2012. “Parlerò con la mia famiglia. Se fosse necessario per il bene dell’America, mi presenterò candidata”, ha dichiarato Sarah Palin. Mitt Romney, industriale, imprenditore, ex Governatore del Massachuetts, l’ha seguita a ruota. “Parlerò con mia moglie – ha sospirato – ma non subito. Aspettiamo Natale”.

di Lilia Lodolini

FONTE: http://www.lottimista.com/component/content/article/30-newsletter/959-tea-party-un-trionfo.html

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