LA VOCE DEL POPOLO.

 Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Anoilaparola, che rimane autonoma e indipendente. 

 

Le prime avvisaglie sono cominciate verso metà marzo 2012.
I dibattiti televisivi con ospitate di politici – fino ad allora sobri in puro stile montiano – stanno subendo una lenta ma inesorabile ascesa verso il collaudato metodo della destra del ”buttarla in caciara” con il livello di decibel che si sta piano piano impennando come la temperatura di questa estate arroventata dal vento del deserto africano.

Tale metodo è composto dalle seguenti caratteristiche: “parlarsi addosso”; interrompere spesso l’ospite dello schieramento avverso (solitamente il “comunista”) cominciando ad urlare (caratteristica non applicata finora, ma fatalmente lo sarà); esibire intolleranza con espressioni facciali quando la telecamera ti mostra in video; quando il ”comunista” parla, scuotere la testa vistosamente in segno di disapprovazione appena inquadrati; insulti, volgarità e rissa verbale per il momento inutilizzabili data l’esposizione mediatica ai minimi termini della programmazione estiva.

Queste sono le direttive del (presunto) ritorno del berlusconismo che comincia a serpeggiare negli studi televisivi italici che si apprestano alla nuova ondata di delirio verbale, appendice spettacolare della personalità dell’ex premier psicolabile.

Così, chi ingenuamente cerca svago nello spettacolo televisivo non si rende conto del lavaggio del cervello che subisce.

Capita perciò di ascoltare distrattamente la voce del popolo che fa la fila alla posta in agosto tra inefficienze, tempi di attesa biblici con il personale (giustamente) in ferie; anziani soli che ritirano la pensione dai loro libretti postali e commenti sarcastici ancorché terrorizzati da quello che succede nel mondo come metro di paragone appreso dal televisore sempre acceso (la guerra civile in Siria, per esempio).

D’altronde, il gergo giornalistico viene forzato utilizzando professionalmente un linguaggio che deve necessariamente condensare l’impatto emotivo delle notizie, per sintetizzarle in poche parole e con frasi ad effetto: i titoli sono sempre esagerati; si tende sempre a ragionare per eccesso piuttosto che per difetto; la notizia è sempre “sparata” piuttosto che “suggerita”.

Due parole abusatissime in questo contesto – tra le molte altre dove il significato viene sfruttato in termini assoluti – sono per esempio “crollo” e “boom”: “il crollo delle vendite”; ” il crollo del mercato”; “boom di acquisti sul mercato azionario”; “saldi di fine anno: è boom”.

Un gergo tale è tipico del giornalismo televisivo sempre più parte del vissuto quotidiano, a detrimento di quello della carta stampata; quest’ultima tutto sommato stimolerebbe l’approfondimento di ciò che si legge. 

Raccontare la cronaca principalmente attraverso le immagini è di gran lunga più facile, lasciando poco spazio al pensiero critico, all’analisi interiore suscitata e percepita dalla lettura.

La televisione sempre accesa non “dialoga”, ma in teoria propone notizie acriticamente ad una velocità forsennata però, e dovrebbe essere compito dello spettatore trarre le proprie conclusioni.

Che lo sfruttamento del mezzo televisivo abbia aperto una nuova parentesi nella realtà politico-economico-sociale del XXI secolo era in fieri da un bel po di tempo, ma che l’orizzonte si sarebbe in seguito oscurato era invece la prerogativa di pochi che già sapevano come giocare sporco. Ne dà prova Barbara Spinelli che, in un carteggio con Paolo Flores d’Arcais su Micromega del maggio 2012 a pagina 11, sostiene che: “Il periodo dei torbidi comincia molto prima, e Berlusconi ne è l’espressione ultima e più vistosa. La cultura dell’illegalità già esisteva ma si fa norma, con lui. Non procede più mascherata, se è vero che molti punti del progetto P2 son diventate leggi o costumi di vita. Basti citare, fra i costumi, l’uso che è stato fatto per un ventennio della televisione: una sorta di manganello continuo, ben foderato ma efficace, brandito per addormentare le coscienze e trasformare quel che succede nel paese in intrattenimento”. 

A proposito di “teleintrattenimento” in un tale quadro, un settore che ormai ha rubato la scena mediatica da anni, dato che viene anche raccontato in termini abbastanza accessibili - quando non usa parole e concetti strettamente propri del suo linguaggio specifico, o li indirizza esclusivamente ai suoi adepti – è quello della finanza, propagandato popolarmente soprattutto dalle televisioni anglosassoni.

E la storia è sempre la stessa, sempre uguale, il metodo funziona alla perfezione: la diffusione dell’ignoto che spaventa, veicolato immediatamente dalla Tv dell’intrattenimento nel suo insieme.

La gente che cerca conforto nell’evasione proposta dalla programmazione, come chi sta parecchio dentro casa, ormai interagisce volente o nolente con l’informazione sparata in particolare dai programmi Mediaset attraverso telegiornali velocissimi quasi come uno spot pubblicitario, tra l’intervallo della fine del primo tempo di un film ed il secondo tempo, creando confusione tra il messaggio pubblicitario e le notizie del mercato finanziario spesso presenti.

La mente vacilla: a meno che non si voglia spegnere e accendere il televisore in continuazione il lavaggio cerebrale te lo becchi comunque.  

Di ciò ne parla Giampaolo Caselli, professore di economia politica all’università di Modena e Reggio Emilia sul Fatto Quotidiano di sabato 4 agosto a pagina 18, con un articolo dal titolo “La psichiatria dei mercati”: “Tutto questo ha cambiato il linguaggio dell’economia e quello dei commentatori, si è formata la convinzione per cui la parola mercato (finanziario) ha assunto caratteristiche mistiche: il mercato ha bocciato, il mercato ha promosso, come reagirà il mercato, non si può andare contro il mercato. Ma molto spesso i mercati finanziari (…) vengono presi da crisi di nervi che portano a comportamenti irrazionali: panico, euforia, depressione. Espressioni che vengono dalla psichiatria. Le ondate di irrazionalità e i comportamenti collettivi che ne conseguono vengono studiati da alcuni economisti con modelli che normalmente sono usati nello studio della diffusione di epidemie”. 

Internet invece propone una lettura completamente diversa; combina cioè la scrittura con le immagini per un’utenza immediata avida costantemente di notizie accessibili solo nello spazio cibernetico, ormai fatalmente imitata anche dalle Tv.

Il 4 agosto il sito del Corriere della Sera pubblica le foto rubate (chiaramente prese con il il grandangolo – la lente d’ingrandimento della macchina fotografica per fotografare a distanza) dell’agente dei vip Lele Mora dopo 400 giorni di detenzione e 50 chili in meno all’uscita dal carcere a Milano.

Lele Mora: quello che insultava gratuitamente i giornalisti che osavano fare domande scomode sui rapporti tra lui Emilio Fede e Silvio Berlusconi; quello che con disprezzo totale per il prossimo e arroganza tipica della destra violenta, razzista, xenofoba e intollerante mostrava con orgoglio alla telecamera il suo telefonino con la faccia di Mussolini e “Faccetta nera” come suoneria.

Adesso, l’espressione facciale di Mora è completamente cambiata: si riconosce un’espressione umile, sofferente, impaurita, rassegnata, di evidente danno psichico subito; il contrario di quella di tracotanza, arroganza, “fascistissima”, 50 chili e 400 giorni dietro le sbarre fa. Il danno psichico era netto anche allora ma era parte del personaggio baciapile dell’ex premier.

 Il “Piano di Rinascita Democratica” della P2 del “fascistissimo” Licio Gelli ha messo nel tritacarne dei media persone che hanno visto il loro giocattolino rompersi nelle loro mani alla fine, e certamente non poteva prevedere la nascita e diffusione di quella potentissima appendice del mezzo televisivo che è il Web, con il suo accesso ad una democrazia diretta, voce del popolo di portata planetaria, e quindi in parte antitetica ai sogni deliranti di regime nazional-socialista dell’asse “Gello-Berlusconiana”.

Nei regimi totalitari esisteva una sola verità propagandata dagli organi preposti, impossibile da contestare, e chi la contestava spesso metteva la propria vita a rischio. Inoltre la propaganda si prendeva cura di rendere le falsità credibili (la Shoah non esiste, Mussolini è un buon primo ministro e mandava gli oppositori al massimo in vacanza al confino): adesso con l’avvento di Internet chiunque abbia la possibilità di accedere alla rete può e deve contestare tutto, assolutamente tutto; crea una verità antitetica, contrastante, credibile o meno.

La rottura insanabile tra i deliri Gelliani e quelli dell’ex-premier – appoggiato inizialmente con entusiasmo isterico - risiede precisamente in questo: Berlusconi la spara grossissima (sono il miglior presidente del Consiglio dal dopoguerra) per poi smentire e buttarla sul ridere.

Colui che la propaganda dell’asse “Gello-Berlusconiana” incensava come “l’uomo della provvidenza”, il “salvatore del Paese dal pericolo comunista” è costantemente, ridicolmente costretto a smentire sé stesso.

Il tentativo di ricreare il regime totalitario tanto caro a Gelli è andato fatalmente a sfracellarsi contro una potenza molto più forte, combattiva, incontrollata: la voce del  popolo della Rete.

d’altra parte, l’appoggio a tale regime – e le cronache ne danno costante conferma – è il lasciapassare per una visitina alle patrie galere (e non come parlamentare) che, nel mondo alla rovescia della propaganda dell’ex-premier, garantirebbe l’accesso ad un posto sicuro in Parlamento nelle varie coalizioni del centrodestra berlusconizzato; e il popolo che cerca svago nella programmazione televisiva non ne sa molto, non viene informato a sufficienza, se non con i telegiornali spot di “teleintrattenimento” che rendono subliminali i messaggi di acquisti di beni spesso superflui, confondendo i telespettatori.

I pensionati, la voce del popolo anziano, quello più conservatore, quello che guarda molto Mediaset, dice che è meglio vedersi le olimpiadi che guardare i tg, per evitare di cadere in depressione.

Questo popolo, cinicamente, significa voti, consenso; e la macchina che sta scaldando i motori per un’ennesima violenta campagna autunnale, dove torneranno gli insulti, le urla e l’aggressività verbale, sta anche preparando quel “qualcosa” sempre annunciato e mai rivelato: che sia un’altra presa in giro nel meraviglioso mondo delle illusioni mediatiche per tenere in costante eccitazione psichica i propri fanatici adepti?

La voce del popolo dice che è meglio distrarsi e guardare le olimpiadi che stanno finendo.

E dopo?

 

 

Marco Rossi.  

 

 

 

 

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