CALCOLATA L’IMPRONTA IDRICA DEGLI ALIMENTI : MANGIARE POCA CARNE FA RISPARMIARE “ORO BLU”.

 

MILANO - Vi siete mai chiesti quanta acqua occorre perché arrivi in tavola una sugosa istecca o un piatto di pasta al pomodoro? Non stiamo parlando dei bicchieri d’acqua che berrete per andar giù questi o altri cibi, ma di tutto “l’oro blu” che serve per produrli. Se non ci avete mai pensato, lo hanno fatto al posto vostro gli esperti del Barilla Center for Food and Nutrition, scoprendo che se seguissimo alla lettera la piramide alimentare avremmo un impatto più lieve sulle scorte d’acqua della Terra.

BENE PREZIOSO – Ormai tutti lo ammettono: il nuovo petrolio è l’acqua. Perché è una risorsa fondamentale, perché in troppe zone del mondo scarseggia, perché secondo la maggior parte degli analisti è destinata ad avere un peso sempre maggiore nelle relazioni fra i diversi Stati, che per accaparrarsela potrebbero farsi la guerra. Se queste sono le premesse, è ovvio che un consumo quanto mai giudizioso dell’acqua a disposizione è doveroso ed “etico” soprattutto per noi occidentali, a cui basta aprire il rubinetto per avere tutta l’acqua che vogliamo. E se gnuno sa che è bene chiudere il rubinetto mentre ci laviamo i denti o ci insaponiamo sotto la doccia, pochi immaginano che anche quello che portiamo in tavola “costa” più o meno acqua. Invece, le scelte alimentari sono responsabili del 25 per cento dell’impatto ambientale di ogni persona. Lo studio della Fondazione italiana, presentato in questi giorni durante un seminario web sull’emergenza acqua, spiega perché attraverso il calcolo dell’impatto idrico dei cibi presenti nella classica piramide alimentare.

PIRAMIDE IDRICA – Per ciascun alimento si è valutata l’impronta idrica, ovvero quanta acqua è stata necessaria, direttamente o indirettamente, per produrlo. C’è una parte di impronta idrica che viene chiamata “verde”, e rappresenta l’acqua piovana evaporata durante le fasi di produzione; l’impronta idrica “blu”, ovvero l’acqua utilizzata che non torna al corso d’acqua da cui proviene; e quella “grigia”, che rappresenta il volume di acqua che viene inquinata per produrre l’alimento (calcolata ad esempio misurando quanta acqua occorre per diluire fertilizzanti o altri agenti chimici impiegati nel processo produttivo). Il risultato di questi complicati calcoli è quasi una piramide rovesciata. In cima alla piramide alimentare classica troviamo infatti la carne rossa: ebbene, per produrne un chilo occorrono oltre 15mila litri d’acqua. Alla base della piramide alimentare ci sono la frutta e la verdura; per produrle bastano meno di mille litri d’acqua, perciò si trovano sulla “punta” della piramide idrica. Altri cibi hanno un impatto idrico intermedio: per produrre i dolci, ad esempio, che dovremmo comunque consumare con parsimonia, servono circa 3 mila litri d’acqua; pane e cereali sono tutti fra 1300 e 1800 litri. Non manca il calcolo dell’acqua usata per produrre le bevande: per arrivare a un litro di caffè sono serviti oltre 1100 litri d’acqua (non tutti vanno nel serbatoio della caffettiera, ormai si è capito), per un litro di latte circa un migliaio, poco di meno per una bottiglia da un litro di vino. Che cosa dovremmo mangiare e bere, allora, per avere un impatto lieve sulla Terra? Frutta, verdura, latticini, cereali, accompagnati da semplice acqua di rubinetto (per produrre quella imbottigliata possono servire il doppio dei litri d’acqua necessari a farla arrivare nelle nostre case attraverso l’acquedotto) o tè (servono appena 120 litri d’acqua per farne un litro). Tutto questo significa che se davvero mangiassimo seguendo i precetti della piramide alimentare classica avremmo anche un comportamento sostenibile nei confronti dell’ambiente: i cibi alla base sono infatti quelli con l’impronta idrica minore. Che sia un sussulto di coscienza “verde” a convincerci, finalmente, a mangiare sano?

Elena Meli

Fonte : http://www.corriere.it/salute/nutrizione/11_aprile_19/priamide-alimentare-idrica_27610736-6a4d-11e0-9c18-e3c6ca1d1dc5.shtml

 

 

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